Corte di Cassazione – Sezione Lavoro – sentenza n. 9302/2016, ha pronunciato una sentenza sui turni di pronta disponibilità. Nella fattispecie la Corte di Appello aveva rigettato la domanda di carattere retributivo del ricorrente che pretendeva di essere compensato in quanto aveva svolto turni di pronta disponibilità di gran lunga superiori a quelli previsti dalle norme contrattuali. La Corte di cassazione ritiene la motivazione del giudice di appello viziata laddove non chiarisce il percorso logico giuridico in base al quale è pervenuta all’affermazione che l’attività lavorativa consistente nello svolgimento di turni in eccedenza e per un maggiore numero di ore, non possa trovare ristoro in quanto spetta alla contrattazione collettiva determinare le voci retributive. La questione in esame, afferma la Corte, “attiene ad un diverso profilo, che è quello del ristoro del lavoro prestato in eccedenza all’orario di lavoro fissato contrattualmente o, in mancanza di tale delimitazione, quando la durata della prestazione lavorativa ecceda i limiti della ragionevolezza in rapporto alla tutela, costituzionalmente garantita, del diritto alla salute”.
Corte di Cassazione – V Sezione Penale – sentenza n. 16678/2016, interviene nuovamente sul consenso informato, affermando che se il medico esegue un intervento senza il consenso del paziente, deve essere escluso il dolo di lesioni volontarie. In questo caso l’informazione adeguata del paziente circa i rischi dell’intervento chirurgico a cui è sottoposto e circa le alternative praticabili e l’obbligo d’acquisizione del consenso informato alla somministrazione del trattamento sanitario non costituisce una regola cautelare, trattandosi di obbligo imposto per consentire la partecipazione libera e consapevole del paziente al programma terapeutico che lo riguarda e dunque la sua inosservanza da parte del medico non può costituire un elemento per affermare la responsabilità a titolo di colpa di quest’ultimo, a meno che la mancata sollecitazione del consenso gli abbia impedito di acquisire la necessaria conoscenza delle condizioni del paziente medesimo.
Corte di Cassazione – III Sezione Civile – sentenza n. 12516/2016, ha stabilito che in caso di prestazione professionale medico chirurgica di routine spetta al professionista superare la presunzione che le complicanze siano state determinate da omessa o insufficiente diligenza professionale o da imperizia, dimostrando che siano state invece prodotte da un evento imprevisto ed imprevedibile secondo la diligenza qualificata in base alle conoscenze tecnico scientifiche del momento.
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