Non è licenziabile il dipendente che si allontana una volta sola senza giustificazione dal posto di lavoro, se in passato si è sempre comportato correttamente e se il fatto non ha prodotto danni. La sezione Lavoro della Corte di cassazione con la sentenza n. 14586 del 22 giugno 2009, spezza ben più di una lancia a favore dei lavoratori, purché il comportamento sia eccezionale e quindi non vada a mettere in dubbio la correttezza e la diligenza del dipendente nei confronti dell’azienda. La vicenda nasce nel 2005 a seguito del licenziamento di un lavoratore tessile che durante un turno notturno aveva lasciato l’azienda, determinando il blocco dei macchinari del reparto di cui, tra l’altro, era responsabile. Per l’azienda la gravità del fatto era accentuata proprio dall’orario notturno, quando minori erano i controlli dei superiori, anche se il fatto poi non aveva avuto nessuna ricaduta produttiva o economica. Insomma, anni di lavoro ineccepibile, senza sanzioni o richiami, non avevano salvato il posto al lavoratore che si è poi rivolto ai giudici per l’annullamento della decisione. In appello, i giudici di merito torinesi hanno rigettato la richiesta, accolta in primo grado, perché nel caso specifico prevaleva non tanto il fatto di non aver procurato danni o l’assenza di precedenti sanzioni, quanto la posizione di responsabile del reparto del dipendente e il fatto che non vi fossero superiori. Per questo prevalevano la malafede e la scorrettezza da parte dell’operaio nei confronti dell’azienda. Un’impostazione ora ribaltata dalla Cassazione. Innanzitutto, per i giudici, il licenziamento in questo caso è stata una sanzione sproporzionata, eccessiva, mentre va sempre salvaguardato il principio di necessaria proporzionalità fra fatto addebitato e recesso. L’azienda ha insomma punito con eccessiva severità il dipendente, facendo saltare questo principio (cfr. per tutte Cass. n. 14551/2000 e Cass. n. 16260/2004). Si legge nella decisione: «Quel che è veramente decisivo, ai fini della valutazione della proporzionalità fra addebito e sanzione, è l’influenza che sul rapporto di lavoro sia in grado di esercitare il comportamento del lavoratore che, per le sue concrete modalità e per il contesto di riferimento, appaia suscettibile di porre in dubbio la futura correttezza dell’adempimento e denoti una scarsa inclinazione ad attuare diligentemente gli obblighi assunti, conformando il proprio comportamento ai canoni di buona fede e correttezza ». Il fatto di aver voluto dare una sanzione “esemplare” quale deterrente per gli altri operai risulta comunque una misura sproporzionata in rapporto all’effettiva gravità della colpa. Per cui, non ci può essere sanzione esemplare slegata dalla misura reale della responsabilità. La parola finale spetterà alla Corte d’appello di Genova.
L.Vaz.

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