Non ci sono solo i guai che si possono passare per un errore clinico nel fare una prescrizione. Adesso i medici dovranno pagare anche se la diagnosi e la ricetta è clinicamente corretta. Cruciali sono il modo e la quantità. Chi prescrive più farmaci mutuabili del necessario, oppure senza gli esami preventivi imposti dal Ssn, dovrà ripagare lo Stato di tasca propria. Lo ha stabilito la Corte dei Conti, che ha condannato un medico di base «iperprescrittore».
Si aggiunge così un nuovo tassello nella lotta al contrasto agli sprechi nella Sanità. Ad assestarlo è stata un’indagine partita in Lombardia cinque anni fa, che si concentrò su 227 medici che per due anni avevano quasi doppiato la media di ricette «rosse» staccate dal loro libretto. Il danno ipotizzato? Ben 12,3 milioni di euro. Dei camici bianchi coinvolti, 56 hanno risarcito volontariamente l’erario, 6 sono citati in giudizio e 108 lo saranno presto. Uno di loro, ora, è stato condannato a pagare: appena 2.840 euro, ma con gli interessi e pagando i periti nominati.
Al di là del caso macroscopico in questione, gli stessi giudici del procedimento avvisano che si tratta di una «Materia delicata», e che «Medico e paziente devono essere consapevoli del fatto che le risorse disponibili per la Sanità sono limitate». Ma il camice bianco, secondo i giudici, deve anche poter agire con un «Margine di discrezionalità»: non basta quindi il semplice “sforare” i parametri. Ma la partita per la posa dei «paletti» è ancora aperta.
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