Dott. Luigi Vicari on 27 luglio 2010

Relativamente al pagamento della imposta sulla pubblicità dovuta per l’esposizione della targa recante l’indicazione dello studio professionale, la Corte di Cassazione, ha affermato che non è ammissibile che il libero professionista in genere possa essere soggetto a un regime fiscale differenziato – e più gravoso – rispetto a quello riservato a coloro che svolgono una qualsiasi altra attività economica in regime concorrenziale. Da ciò si è estesa ai liberi professionisti la norma la quale statuisce che l’imposta non è dovuta per le insegne di esercizio di attività commerciali e produzione di beni o servizi che contraddistinguono la sede ove si svolge l’attività cui si riferiscono, di superficie complessiva fino a 5 metri quadrati.

[Avv. Ennio Grassini – www.dirittosanitario.net]

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Dott. Luigi Vicari on 13 luglio 2010

Stress da lavoro? Sarà obbligatorio per le aziende valutarlo a far data dal 01.08.2010, in particolare l’obbiglo riguarda la valutazione dei rischi di esposizione a stress da lavoro.

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La sesta sezione del Consiglio di Stato conferma che l’impact factor rappresenta uno dei criteri di valutazione, ma non certo l’unico o il principale criterio al quale attenersi per stabilire a chi dare il posto di professore associato.

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Dott. Luigi Vicari on 15 giugno 2010

Un dirigente medico, a seguito di un controllo a campione effettuato dalla Azienda Sanitaria sulla attività lavorativa, veniva tratto a giudizio dinanzi alla giudice contabile e poi condannato, in quanto l’Ufficio Ispettivo del datore di lavoro aveva rilevato che il sanitario risultava essere titolare di partita I.V.A. nonché componente del Consiglio di Amministrazione dell’impresa agricola operante in ambito agricolo e commerciale; Amministratore Unico di una s.r.l.  avente per oggetto sociale la gestione in proprio e per conto terzi, di cliniche, case di cura, ambulatori e poliambulatori.

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Dott. Luigi Vicari on 15 giugno 2010

La responsabilità del datore di lavoro in materia di tutela delle condizioni di lavoro, sicurezza, integrità fisica e infortuni (art. 2087 codice civile) è di natura contrattuale, per cui ai fini del relativo accertamento, incombe sul lavoratore che lamenti di aver subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l’onere di provare l’esistenza di tale danno, come pure la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l’uno e l’altro elemento, mentre grava sul datore di lavoro – una volta che il lavoratore abbia provato le predette circostanze – l’onere di provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, ovvero di aver adottato tutte le cautele necessarie per impedire il verificarsi del danno medesimo. Pertanto, il lavoratore che agisca nei confronti del datore di lavoro per il risarcimento del danno patito a seguito di infortunio sul lavoro, seppure non debba provare la colpa del datore di lavoro, nei cui confronti opera la presunzione posta dall’art. 1218 c.c. è pur sempre onerato della prova del fatto costituente l’inadempimento e del nesso di causalità materiale tra l’inadempimento e il danno.

Avv. Ennio Grassini – www.dirittosanitario.net

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