Un imputato nella sua qualità di dirigente medico di primo livello presso un presidio ospedaliero è stato condannato dal Giudice di Pace alla pena di giustizia oltre al risarcimento dei danni in favore del collega in quanto, con lettere indirizzate al direttore generale ASL, al direttore sanitario dell’ospedale, al dirigente medico coordinatore del P.O., aveva offeso la reputazione del sanitario in servizio nella stessa struttura, affermando che questi non era in grado di eseguire il proprio lavoro mettendo a repentaglio la salute dei pazienti.
Il Tribunale ha confermato la sentenza di primo grado.
Se il criticante non è un soggetto qualsiasi o comunque esterno alla struttura, ma un soggetto che nella struttura è inserito e al quale sono attribuite specifiche responsabilità, la segnalazione ai superiori circa la condotta ritenuta scorretta di colleghi e sottoposti, più che l’esercizio di un diritto, può rappresentare l’adempimento di un dovere.
Con riferimento a tale eventuale situazione di doverosità, andrà rivalutata anche la continenza delle espressioni utilizzate, dovendosi comunque tener conto del fatto che l’eventuale intervento dei superiori, se tali erano da considerarsi i destinatari delle tre missive, appariva finalizzato a garantire un più adeguato standard di sicurezza ai pazienti del presidio ospedaliero.
La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di condanna rinviando al Tribunale per un nuovo esame.
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