Non bastano le “buone probabilità”, né le “ottime probabilità” di salvezza del paziente, a far ritenere dimostrato il nesso causale. La Cassazione ritorna sulla posizione di garanzia del medico e sul nesso di causalità. Un medico convenzionato in servizio di guardia medica fu condannato per il reato di omicidio colposo in relazione alla morte del paziente. Secondo il tribunale, il comportamento del sanitario era stato caratterizzato da imperizia e negligenza, nonché da violazione sia della legge regionale che del codice deontologico del 1998, avendo erroneamente valutato i sintomi relativi alla parte offesa, un’emorragia della vagina ed episodi di perdita di coscienza, e avendo omesso d’intervenire immediatamente comunque nel più breve tempo possibile, nonostante i sintomi riferitigli fossero tali da imporre un pronto intervento, che, se posto in essere, avrebbe evitato la morte della donna. Ne dà notizia il settimanale Sanità del Sole 24 Ore.
«Secondo i giudici – scrive il settimanale – il medico alla fine di questo iter telefonico aveva acquistato la piena consapevolezza della gravità della patologia da cui era affetta la donna, ben superiore a quella inizialmente codificata. Si era reso conto che avrebbe dovuto convincere la paziente a sottoporsi alle cure mediche, e aveva infine avuto la certezza che senza un suo intervento sul posto, e una sua specifica richiesta, i responsabili del 118 mai avrebbero inviato un’ambulanza presso l’indirizzo dove si trovava la donna».
«L’affermazione della colpa del medico è pienamente giustificata – spiega la Cassazione – poiché costituisce indirizzo consolidato quello secondo cui l’instaurazione della relazione terapeutica tra medico e paziente è la fonte della posizione di garanzia che il primo assume nei confronti del secondo e da cui deriva l’obbligo di agire a tutela della salute e della vita: nella fattispecie vi fu certamente, quindi, da parte del medico, la violazione di una regola cautelare, in relazione alla posizione di garanzia da lui assunta nei confronti della parte offesa».

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