Sulla scorta della più recente e autorevole giurisprudenza, anche comunitaria, appare possibile tracciare un primo sintetico ma efficace consuntivo, in ordine al profilo prescrizionale del diritto al risarcimento del danno, come reclamato da numerosissimi medici, specialisti nel periodo 1983-1991. Nel caso del cosiddetto “illecito del legislatore” (omessa o non corretta trasposizione di direttiva) si può ragionevolmente ritenere realistico un termine di dieci anni, prima che la relativa azione risarcitoria si prescriva, con decorrenza dalla pubblicazione del Dlgs 257/1991. Infatti: – il 3 giugno 2009, con la sentenza n. 12814, la sezione Lavoro della Cassazione individua il dies a quo per il computo dei termini, il cui inutile decorso comporta la irrimediabile perdita del diritto vantato. I ricorrenti adivano il tribunale nei confronti dei ministeri della Sanità, dell’Università e del Tesoro, esponendo di avere frequentato le scuole di specializzazione di medicina senza percepire alcuncompenso. Poiché le direttive della Comunità europea, le quali prevedevano un compenso in favore dei medici specializzandi, erano state trasposte in ritardo nell’ordinamento italiano (decreto legislativo 257/1991) chiedevano il risarcimento del danno da ritardata attuazione della fonte comunitaria tra il 1983 e il 1991. Danno che consisteva nella mancata remunerazione del lavoro svolto e nella perdita di “chances”. La Corte di cassazione ha osservato che trattandosi di azione di risarcimento del danno, la prescrizione è quinquennale (v. per il differente termine decennale, Cass. Sez. Un. 9147/2009) e inizia a decorrere dal momento in cui il diritto può essere fatto valere. Tale momento non coincide con l’emanazione della direttiva, se la stessa non è immediatamente applicabile; né con il termine assegnato agli Stati per la trasposizione della fonte comunitaria nel diritto interno, perché anche a quel momento il soggetto privato non è in condizioni di conoscere quale sia il contenuto del diritto che gli viene negato e l’ammontare del relativo risarcimento. Può invece individuarsi nel momento in cui entra in vigore la normativa di attuazione interna della direttiva europea. È questo, secondo la sezione della Cassazione, il tempo in cui il soggetto può far valere il diritto al risarcimento del danno, perché è in quel contesto che egli viene a conoscere il contenuto del diritto attribuito e i limiti temporali della corresponsione. In altri termini, posto che con il decreto legislativo 257/1991 il soggetto era in grado di conoscere l’ammontare dei compensi stabiliti, a quel momento poteva esercitare il diritto al risarcimento del danno. Il 17 aprile 2009, con la sentenza 9147, le Sezioni unite civili della Cassazione assoggettano la pretesa risarcitoria, al termine di prescrizione ordinaria decennale (e non quinquennale) perché diretta all’adempimento di un’obbligazione ex lege (di natura indennitaria) riconducibile come tale all’area della responsabilità contrattuale. In caso di omessa o tardiva trasposizione da parte del legislatore, nel termine prescritto, di direttive comunitarie (nella specie, le direttive n. 75/362/Cee e n. 82/76/Cee, non self executing, sulla «retribuzione» della formazione dei medici specializzandi) sorge il diritto degli interessati al risarcimento dei danni che va ricondotto allo schema della responsabilità per inadempimento dell’obbligazione “ex lege” dello Stato, di natura indennitaria, per attività non antigiuridica. Il conseguente relativo risarcimento, non subordinato alla sussistenza del dolo o della colpa, deve assicurare al danneggiato un’idonea compensazione della perdita subita e la pretesa azionata è esposta all’ordinario termine decennale di prescrizione. Per altro verso, il 24 marzo scorso, una sentenza (Grande Sezione) della Corte di giustizia delle Comunità europee, resa nel procedimento C-445/06 (causa Danske Slagterier contro Repubblica federale di Germania) stabiliva, tra l’altro, che il decorso dei termini di prescrizione di un diritto non restano sospesi o interrotti né in presenza di un procedimento per inadempimento ex art. 226 Ce né in presenza di una carente o scorretta trasposizione della direttiva nel diritto interno (quando i primi effetti lesivi di detta scorretta trasposizione si siano verificati e ne siano prevedibili altri). Infatti, dal tenore del dispositivo: «Il diritto comunitario non richiede che, quando la Commissione delle Comunità europee avvia un procedimento per inadempimento ex art. 226 Ce, il termine di prescrizione del diritto al risarcimento nei confronti dello Stato che si sia reso responsabile di una violazione del diritto comunitario, previsto dalla normativa nazionale, sia interrotto o sospeso durante tale procedimento. – Il diritto comunitario non osta a che il termine di prescrizione di un’azione di risarcimento nei confronti dello Stato, basata sulla carente trasposizione di una direttiva, inizi a d e c o r r e r e dalla data in cui i primi effetti lesivi di detta scorretta trasposizione si siano verificati e ne siano prevedibili altri, anche qualora tale data sia antecedente alla corretta trasposizione della direttiva in parola». A tal proposito, è significativo sottolineare un singolare provvedimento della Corte di appello di Genova (sentenza n. 65 del 4 giugno 2008) di contrario avviso, laddove ha motivato che «non può trovare applicazione, a carico degli appellanti, la prescrizione quinquennale, giacché, fino a quando nel diritto italiano non verrà introdotta una norma giuridica specifica che riconosca una remunerazione a coloro che hanno frequentato le scuole di specializzazione nel periodo tra il 1982 e il 1991, si dovrà far riferimento al principio emergente dalla giurisprudenza europea, secondo cui, finché una direttiva non sia correttamente trasposta nell’ordinamento nazionale, i singoli non sono in grado di acquisire la piena conoscenza dei loro diritti, onde, fino al momento in cui abbia luogo l’esatta trasposizione della direttiva, lo Stato inadempiente non può eccepire la tardività di una azione giudiziaria avviata nei confronti dello stesso da un singolo, a tutela dei diritti che le disposizioni di tale direttiva gli riconoscono e solo da tale momento può decorrere un termine incidente sulla proponibilità di una domanda nell’ambito dell’ordinamento statuale». I testi integrali dei provvedimenti citati sono disponibili anche sul sito su www.dirittosanitario.net
Ennio Grassini
Avvocato – Specialista in Diritto
ed economia
dell’Unione europea

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